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Flyingminds

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Agenzia di comunicazione

Campagne Marketing

Fellini e la pubblicità: fuori dagli schemi, dentro al mondo dei sogni

14 Novembre 2018

Atmosfere sognanti, musiche accennate, rumori di sottofondo e, in un caso particolare, volti conosciuti del grande schermo e della TV: così, Federico Fellini ha fatto della pubblicità una piccola parentesi nel suo grande amore verso l’arte visiva e la pellicola. E lo ha fatto soprattutto attraverso un immaginario particolareggiato, che si discosta molto da quello “solito” dell’advertising video. Infatti, il leitmotiv degli spot felliniani è dettato dal non concentrarsi minimamente né sul target a cui è diretta la campagna, né su quelli che sono i codici comunicativi più diffusi – tra copy accattivanti, payoff e media planning per il broadcasting -. Per Barilla, Campari e Banca d’Italia, Federico Fellini ha usato la sua più fervida immaginazione, donando al grande pubblico un’ultima impressione su quello che “era il suo” cinema: infatti, proprio gli spot televisivi sono stati tra le ultime attività del regista riminese.

Fellini per Barilla

Un menù ristorante articolato, quasi fantascientifico, pronunciato da uno zelante maître di sala. Ma, la signora protagonista, uscita dritta dritta dall’immaginario femminile del maestro riminese, si rivolge a loro – e al suo amato commensale –  risponde “Rigatoni”. Ovviamente, Barilla. E con tanto di “r” moscia.
Nasce così il primo spot firmato Fellini per il brand più noto al mondo di produzione di pasta, ormai multinazionale: correva l’anno 1984, e il titolo era “Alta società”, per uno spot così ordito di echi cari al cinema e che ben si accostano al prodotto pubblicizzato, a pochi anni di distanza dall’avvento del payoff più mainstream “dove c’è Barilla c’è casa”.

Fellini per Campari

Fortunato Depero, Marcello Dudovich, Leonetto Cappiello sono stati – oltre che grandi nomi della pubblicità italiana, legati alla grafica delle affissioni nel consueto stile mélo – i co-autori di questo spot del 1984, affiancando Federico Fellini nella realizzazione della réclame televisiva di uno degli aperitivi storici del nostro paese.
La trama: una ragazza annoiata continua a cambiare, con un telecomando, ciò che vede dal finestrino del treno durante il viaggio. Ed è il magico viaggiatore seduto di fronte a lei, quasi come un genio della lampada, a presentarle differenti scenari. La viaggiatrice deciderà di soffermarsi su Piazza dei Miracoli di Pisa, dove la celeberrima bottiglia rossa appare davanti al Battistero. E la conclusione, nel payoff: “Campari: più di un capolavoro, un miracolo.”

Non solo food and drink: il trittico per la Banca di Roma

Una serie di tre spot, molto oscuri e decisamente criptici nel significato, che rappresentano anche una delle ultime azioni artistiche di Fellini, e dove il protagonista è il genovese Paolo Villaggio. Prendiamo, per esempio, il primo spot trasmesso, in ordine cronologico, che è anche il più fantasioso e sereno del trittico: un’evocazione del cinema muto e, al tempo stesso, un incubo. Ritroviamo qui anche un paradigma dell’immaginario di Fellini: una bellissima ragazza bionda – Anna Falchi – come la Ekberg di “La Dolce Vita”, che tortura il povero protagonista, mettendone a repentaglio la vita.
Ma solo alla fine, si scoprirà che il protagonista, Villaggio, è in seduta analitica, e confessa a uno psicologo le sue più grandi paure, sotto forma di sogno: il dottore, quindi, gli consiglia di rivolgersi alla Banca, la quale non eroga solo servizi finanziari. Infatti, prima di ogni altra cosa, dona tranquillità.

Spot e comunicazione riuscita? Forse no. Infatti, gli spot diretti da Fellini non sono rimasti nell’immaginario comune dello spot. Basti pensare che Barilla ha decretato il suo successo mediatico e delle sue campagne di comunicazione anni dopo il lavoro del Maestro. Ma, come sappiamo, il mondo dell’advertising è fatto di anche evocazione, magia, orizzonti altri: e, sicuramente, Fellini ha saputo dipingerli, pur riducendo all’essenziale i codici e gli strumenti comunicativi più canonici del mondo pubblicitario.

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Filed Under: Advertising, Campagne Marketing, Creatività

Food: un cambiamento delle necessità, visto con gli occhi dell’ADV

5 Novembre 2018

Il cibo è l’eccellenza made in Italy, e la sua comunicazione gioca una parte fondamentale nel suo successo, nella sua diffusione, nel suo essere dipinto come non più una necessità, ma un desiderio. E proprio per questa sua efficacia, il piglio dell’advertising a tema food è profondamente cambiato negli anni, plasmandosi ai gusti, ai cambiamenti e ai consumi.
Se oggi il cibo è quasi scomparso dalla TV, negli anni ‘60 e ‘70, con il famoso Carosello, i prodotti delle aziende alimentari italiane sono stati i veri protagonisti, soggetti ultra-raffigurati, della pubblicità: perché l’advertising e il cibo sono sempre andati a braccetto, in un lungo percorso che è arrivato fino a noi, oggi. Partiamo insieme per questo viaggio!

ADV… Vintage

Il linguaggio più vintage si rifà al periodo precedente l’avvento della televisione: campagne prettamente figurative e stampate, che ci parlano di Cynar, Plasmon, Buitoni, Motta. Una giostra di prodotti in un immaginario cartellonistico, grafico, la combinazione perfetta tra lettering e disegno. Un timido accenno di payoff, come il notorio “Contro il logorio della vita moderna”, che oggi ci strappa un sorriso, mentre riguardiamo – probabilmente- una qualsiasi di queste affissioni in un locale contemporaneo. Siamo oltre ciò che in gergo si chiama “ricordo pubblicitario” o “ad recall”!

E, tutto questo, fino all’avvento del Carosello, dove ciò che veniva evidenziato, nelle epoche più lontane rispetto a noi, erano le caratteristiche proprie di ogni bene presentato: senza troppi fronzoli, con jingle minimali e volti famosi dai modi garbati. La leva veniva posta sul gusto, sulle proprietà nutritive e, con un primo accenno, sulla celebrità del brand promotore.

I bisogni che cambiano, con gli anni ‘80

Il gattino Barilla, il Mulino Bianco, gli anni ‘80 e l’abbondanza sulle tavole che si è manifestata anche grazie alla pubblicità. Il connubio televisione-cibo ha trovato così il legame perfetto, attiguo, con gli anni ‘60, in un’evoluzione di réclame: “Ambrogio”, “Io non ho mai provato Hurrà”, “Silenzio, parla Agnesi” e tanti altri tormentoni hanno avuto, da un punto di vista prettamente di marketing, il compito di evidenziare bontà, unicità e tante altre caratteristiche – quasi mai legate alle necessità alimentari – di questi prodotti, tra i primi accenni di storytelling, proprio come la campagna pubblicitaria Barilla dove protagonisti sono una bambina, un gattino e una mamma preoccupata, per un plot che è rimasto soggetto del brand fino alla metà degli anni ‘90, con la sinfonia firmata da Piovani e dove il prodotto racconta una storia quotidiana, associandosi a ciò che è “focolare”, grazie  all’intramontabile payoff “Dove c’è Barilla c’è casa” e che appare solo tra gli ultimi fotogrammi, tuffandosi nella pentola dell’acqua bollente.

E così è stato anche per la signora in giallo dei Ferrero Rocher, che si concede un piccolo grande lusso, che “non è fame, ma è più voglia di qualcosa di buono”. Battute che rimangono scolpite nella mente degli italiani perché, a tutti gli effetti, evocano, ricalcano le migliori forme di copywriting, arrivando dritte nei carrelli della spesa.

Il presente

Oggi, proprio come negli anni ‘80, l’advertising food italiano viene trattato con brevi clip dove persone reali parlano dei loro desideri, dei loro bisogni. E dove, sempre più spesso, spogliandosi di questo retaggio anni ‘90, sono i cibi stessi a parlare per soddisfare i bisogni. Ne è un esempio Grancereale Mulino Bianco, o per Crema di Yogurt Müller: perché la pubblicità, oggi, racconta necessità che diventano una storia. Certo, i payoff sono sempre meno memorabili, ma la qualità dell’immagine – particolareggiata, pop, vivida – rendono ogni prodotto speciale per l’ad audience, che ritrova in uno spot una reale esperienza. Un po’ come la storia del Cornetto, di cui abbiamo parlato durante questa caldissima estate 2018 che sembra quasi non voler finire.

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Halloween: le migliori ADV per un brivido made in USA

31 Ottobre 2018

Cosa succede oltreoceano, per quanto riguarda la connessione tra mondo advertising e Halloween? Se in Italia, infatti, radio, TV, Facebook e campagne stampa ritraggono per lo più dolci e costumi per i più piccini, il trend risulta notevolmente diverso per quanto riguarda i paesi anglosassoni, patria di questa festa da incubo. E così, animati dalla curiosità, abbiamo voluto fare una piccola ricerca in merito: eccovi, quindi, una carrellata, tra TV e YouTube, degli spot e video Halloween più belli, a nostro avviso, degli ultimi 10 anni. E, che amiate o no questa nuova ondata culturale, siamo sicuri che apprezzerete questo spettacolo da brivido! A chi andrà il premio alla maschera più spaventosa?

Il re degli snack d’oltreoceano: Sneakers e Halloween

Snickers ha creato una Halloween sensation totale con il terrificante spot “Grocery Store Lady”. Un personaggio davvero inquietante, quello della signora con bambino minuscolo al seguito, che ha tenuto incollati davanti a monitor e TV una quantità incredibile di spettatori: l’annuncio ha infatti superato le 2 milioni di visualizzazioni su YouTube. Cosa non si farebbe per il proprio snack preferito!

Booking.com: non solo dolcetti

Halloween, negli USA, non è esattamente il momento più popolare per viaggiare: generalmente, questa festa viene celebrata tra le mura di casa, e tra le strade del proprio quartiere. Ma Booking.com è riuscito a pensare a un modo per cambiare questa credenza: e, con questo spot raccapricciante, dal sapore “Blair witch project”, gli hotel infestati diventano una redemption niente male. Il brand, infatti, dedica lo spot a coloro che, in realtà, vorrebbero tanto un fantasma che gli sussurra all’orecchio durante la loro notte in una struttura fin troppo leisure.

Kmart: la catena di supermercati propone un “Halloween Challenge”

Questo video è stato definito negli USA come uno dei più cool della storia delle ADV a tema Halloween, proprio perché non ha necessariamente bisogno di far urlare di terrore gli spettatori per essere memorabile: Kmart ha infatti compreso come utilizzare la festa più attesa nel paese per battere un record mondiale, grazie al testimonial – il ballerino ultra noto negli Stati Uniti Monternez Rezell – e al maggior numero di cambi costume nell’arco di otto ore e in un unico annuncio.

Nike: corri e salva la tua vita!

Nike trova un equilibrio perfetto, attraverso questo spot, tra terrore e brand advertising. Il suo messaggio? Beh, certamente punta tutto sull’ineffabile: non puoi mai sapere quando Freddy Krueger potrebbe decidere di attaccarti nei boschi, ma tutto filerà liscio se indosserai le tue Nike.

E così, anche Halloween, come ogni festa che si rispetti, rappresenta per i brand mondiali più disparati l’occasione giusta per regalare alla propria audience la miglior esperienza di divertimento e di brivido, impattando così sul percepito dei propri prodotti. E noi, anche se non siamo anglosassoni, ci godiamo lo spettacolo – davvero memorabile – con voi!

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Football e ADV: un calcio alla noia

8 Ottobre 2018

Domenica, interno giorno. Divano e partita. C’è chi sbuffa, annoiato dallo spettacolo non così gradito del calcio, c’è chi tifa e si sgola, e chi guarda, un po’ per inerzia. Amici, fidanzate, fidanzati, genitori, figli, nonni. Perché, il calcio, accomuna, unisce e divide al tempo stesso. Ma, soprattutto, ispira.

In un periodo così caldo, all’alba della stagione fredda, non potevamo non parlare di advertising e sport: siamo sicuri che, con questo articolo, anche i più scettici davanti allo schermo, e tra gli spalti, cambieranno idea! Pronti, quindi, per dare un calcio alla noia con la nostra top 4?

Ronaldo, chi se lo ricorda?

Uno spot a firma di Wieden & Kennedy, ADV agency olandese che fa curato per quasi 20 anni le campagne Nike, e andato in onda nel 1998, dove il protagonista è Ronaldo, oltre alla nazionale brasiliana, in un dribbling serratissimo, all’interno di un aeroporto, nell’attesa dell’ennesimo volo in ritardo. A ritmo di Mas que nada, la squadra rincorre il pallone, dall’interno all’esterno dell’aeroporto, in un crescendo di inseguimenti. Fino al finale: il palo di Ronaldo. Uno spot, questo, che ha ricevuto consensi, ed è stato nostalgicamente rigirato proprio quest’anno, a distanza di 4 lustri!

Musica e testimonal: binomio perfetto

Il binomio di cui stiamo parlando? Un Paolo Maldini all’apice del suo successo e della carriera nel Milan, e una hit techno-pop. L’ex capitano rossonero diventa così testimonial dello spot Opel Astra, esibendosi tra tiri in porta e dribbiling sul ritmo incalzante di “Born Slippy” degli Underworld, tra l’altro parte della colonna sonora di Trainspotting. Correva l’anno 1995, e questo spot segnò un vero successo, perché movimentato, pieno di ritmo, apparentemente aggressivo e senza nessun intervento vocale che non fosse quello della soundtrack.

A match in Hell (1996)

L’agenzia olandese (ma quante ne sanno, in fatto di ADV, da quelle parti?) Wieden & Kennedy di Amsterdam firma, poi, nel 1996, la campagna ADV video per Nike dal titolo “A match in hell” – “una partita all’inferno”. Protagonisti sono Maldini – di nuovo -, un Ronaldo in piena forma, Kluivert e Campos. I paladini del calcio europeo si esibiscono, in uno spot distribuito in oltre 6 paesi del vecchio continente, all’interno di un’arena, sotto l’eclissi di sole. Una storia epica, dal sapore goliardico e al tempo stesso ironico: come la battuta che Maldini, di nuovo presente, sentenzia all’inizio. Fino al finale, simbolo della fine di un’era, con l’adieu di Cantona, non solo al diavolo in porta, ma anche alla sua carriera calcistica. Un vero capolavoro!

Il tormentone!

Correva l’anno 2001: già da diverso tempo, i big del calcio prestavano sorrisi, volti, braccia e gambe alla pubblicità. Ma sempre e solo in veste di calciatori gloriosi. Fino a quando Fabio Cannavaro, assieme ad Angelo Peruzzi, che appare in un piccolo cameo, diventano protagonisti del tormentone: “A ragazzi’, e mo ve lo buco ‘sto pallone”. Uno spot firmato dal team di comunicazione interno di Stream, PayTv che ha segnato un passaggio fondamentale tra la vecchia Tele+ e il futuro Sky. Il mito del calcio, rappresentato da un altro match in arena, viene spezzato da un ritorno alla realtà improvviso: un vetro va in mille pezzi, e i grandi calciatori tornano a essere bambini.

Insomma, il calcio, in tema di ADV, ha certamente qualcosa da raccontare, tra sogni, acrobazie e risate, rendendosi testimonial perfetto di prodotti afferenti, come pay tv, colossi dell’abbigliamento sportivo e automobilistico.

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Sammontana: dal rebranding al tono di voce, ADV… a 5 stelle

20 Luglio 2018

Il caldo si fa sentire. Il meteo parla di acquazzoni e temporali, ma in cielo – fortunatamente – ancora non si vede una nuvola. E, preparando gli ultimi post del blog prima delle ferie di agosto, il pensiero non può non correre a lui: il gelato, protagonista indiscusso del mondo ADV e del solleone.

Poche settimane fa abbiamo parlato di un player fondamentale nel mondo della comunicazione, ma oggi è il turno del competitor per eccellenza: Sammontana, un brand cresciuto tra italianità ed estate, facendo di questi due elementi il tratto distintivo della sua comunicazione, per tre generazioni.

La nascita

Sammontana è un sogno che nasce dalle macerie del dopoguerra: mentre l’Italia ancora si riprendeva dai bombardamenti, Renzo Bagnoli, giovane gelataio toscano, decide di aprire un negozio, una latteria, dove il fiore all’occhiello è il gelato servito in un barattolo di latta, fatto con il latte fresco di una fattoria situata alle porte della città: Sammontana. E questa piccola attività, destinata a diventare grande brand, muovendo i suoi primi passi, era già fortemente consapevole di come essere legati al territorio, per storia e provenienza, fosse una reale conditio sine qua non potentissima e caratterizzante.

Il logo: è storia

Nel 1964 il bisogno di un logo si fa forte per caratterizzarsi nel crescente mercato del boom del dopoguerra: Bagnoli decide di usare l’immagine di un corsaro. Il payoff? Un tesoro di gelato.
Da lì, però, le cose cambieranno: è il 1967, quando arriva  il famosissimo cono stilizzato e umanizzato, dall’espressione golosa. Nemmeno Milton Glaser, lo storico grafico statunitense, toccherà questa immagine, durante il percorso di rebranding del 1981. Perché il cono, anche a detta di questa icona del marketing mondiale, era (ed è) simbolo di italianità, di vacanze, di tradizione e nuovi costumi. Il simbolo di un marchio e della rinascita di un paese.

Il rebranding nel segno della discrezione

Nel 2015 l’azienda ha avviato una nuova fase del proprio processo di rinnovamento presentando il restyling del marchio: il simbolo del “cono che si lecca i baffi” viene rivisto, ma con gentile parsimonia: viene, infatti, semplicemente centrato, i colori intensificati. Un’azione che mantiene intatti i valori del brand che, modernizzandosi, mantiene il payoff “Gelati all’Italiana” come corona a semicerchio tipica del marchio.

Lo sguardo all’ADV

“Gelati all’italiana” o “estate italiana”? Queste sono le due proposizioni del brand sul mercato, quando si parla di ADV. Una serie di campagne pubblicitarie che hanno sempre avuto come core la differenziazione dei prodotti, quasi come se, ogni estate, il marchio non volesse puntare sul “solito cono”, ma sulla varietà di gusti e di formati che il brand sapeva e sa garantire.
Ed è dall’inizio degli anni 2000 che il brand empolese ha reso indimenticabili i suoi spot: dal barattolino, con un tenero storytelling familiare, alla Coppa Oro, che da protagonista delle spiagge si spoglia del motivo estivo per diventare un gelato per tutte le stagioni, fino al Cono 5 Stelle, re dell’estate italiana, tra colpi di rap e immaginario adolescenziale.

2014

C’è chi l’ha amato, chi l’ha odiato, e chi ha messo in scena infinite parodie: è l’anno dello spot del cono Cinque Stelle rappato da Mecna: le parole sono protagoniste, con uno sguardo ai giovani. I testi si accompagnano a una carrellata di immagini stile videoclip, un po’ una guerra a colpi di rime con gli interpreti dell’altro cono da sempre competitor.

2018

Di nuovo un’estate 5 stelle, sempre giocata sull’appartenenza al belpaese e a tutti i leitmotiv che, dal 1960 a oggi, fanno parte dell’immaginario estivo e del brand: il 2018 parte con un clip – realizzato da H Films, con la direzione creativa di Auge e un media planning curato da Wavemaker – nei formati 45”, 30”, 15” e 10”, in onda a partire dal 27 maggio. La musica è di nuovo protagonista: infatti, parte del piano di comunicazione – oltre alla campagna social – è stata la campagna Spotify e la versione Karaoke!
Il soggetto dello spot non è più rap, e lascia spazio all’ondata hipster, divertente e giocosa: autotune, certo, e un copy – divenuto testo del brano – che ripercorre i must della spiaggia e dell’estate, dai più grandi – la nonna che chiama per pranzo, un padre che gonfia il materassino – fino a chi non si sente propriamente un fusto da spiaggia.
Fino al payoff che si apre, che condivide, inclusivo e rassicurante: “la mia, la tua estate italiana”, contro il vecchio “la mia estate italiana”.

Anno dopo anno, format dopo format, restyling dopo restyling, il Gelato Italiano per eccellenza sta percorrendo, come tutti i grandi brand, la storia dell’ADV. E per farlo, ha scelto di spostare il core dal brand a un prodotto di punta, sempre diverso, sempre distintivo, ma sempre coerente e sempre in linea con quello stile che caratterizza il marchio da oltre 60 anni.

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Siks ADV e la nuova campagna abbonamenti Samp: il settimo capitolo va dritto al DNA

6 Luglio 2018

“Coraggiosa”, “geniale”, “pornografica”.
Aggettivi che in questi giorni  hanno definito, in maniera contrastante, la nuova campagna abbonamenti Samp. C’è chi approva a pieni voti, e chi, invece, lancia la pietra dello scandalo.
Una campagna che ha spiazzato, che ha fatto discutere, diventata subito virale: oggi saremo noi a raccontare la fase creativa, in questo nuovo capitolo per Siks ADV, che per il settimo anno consecutivo firma la campagna pubblicitaria di abbonamento.

Il concept di base: più biologico, che sessuale

La campagna veicolata a partire dallo scorso 2 luglio su tutti i social della squadra, sui quotidiani e in maxi affissioni nel capoluogo ligure, è nata da un’idea creativa che ha unito di concerto elementi grafici semplici, con le classiche combinazioni cromatiche blucerchiate, e un payoff sibillino. Un risultato, quello finale, che ha oltrepassato le regole, come nel migliore dei giochi di comunicazione.

Perché se la Samp è vita, la campagna 2018 di abbonamento va dritta al punto, colpendo alla genetica, al DNA, alla generazione della passione: il concetto fondante è quello di esserci sempre, fin dal primo momento, costituendo una parte del proprio patrimonio genetico. Un immagine rafforzata da un claim semplice, un linguaggio creativo in grado di uscire dagli schemi soliti e tipici del mondo del calcio che, in Italia, dal punto di vista creativo e marketing, si compone, per lo più, di una comunicazione timida, un pesante mantello di creatività standard che tra fede, lupi, prede e fauci, genera alle volte scenari calcistici autoreferenziali. Il core della campagna, la sua intenzione, è – quindi – più profondo.

In sette anni di esperienza con Samp, abbiamo avvertito il bisogno di oltrepassare una barriera, proprio per utilizzare una metafora calcistica. Ed ecco perché non siamo stati – ça va sans dire  – colti in fallo. E, della nostra opinione, è anche Del Bianco, creativo dell’agenzia Dude.

Una nuova storia da raccontare, dal primo istante

Come nelle migliori delle storie d’amore, ogni limite va sempre superato, per dare una nuova sferzata al rapporto: e così, la campagna 2018 è una sorta di coronamento creativo che supera le precedenti.
Spaziare dalle metafore feline, o al più classico senso di appartenenza generazionale – su cui abbiamo lavorato molto in passato – facendo quel passo in avanti è stato il nostro obiettivo: il tempo è maturo per scrollarsi di dosso un pesante mantello fatto di comunicazione standard, spostando l’accento all’essenza, a quel senso di appartenenza più profonda. Seminale. Dal primo istante.

La persona è sempre stata al centro, nelle campagne: adulti, anziani, bambini. Perché la Samp è la passione di una vita, trasmessa e animata dai payoff che accompagnano le campagne abbonamenti, sprigionando amore vero per il team blucerchiato: “La nostra maglia, seconda pelle”, 2012-2013; “C’ero, ci sono, ci sarò” per il 2014-2015, e “Non ciò che vedi, ma ciò che vivi”, 2015-2016. Un susseguirsi di volti, età, generazioni, per una passione che non conosce confini. Anzi, li supera, in questa campagna concepita per arrivare dritta alla parte più profonda – quasi cellulare – dell’amore per la squadra, per il brand, per il lavoro che una comunicazione memorabile richiede, quotidianamente.

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