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Flyingminds

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Agenzia di comunicazione

Internet & New Media

Vlog: l’altra faccia di YouTube

13 Febbraio 2019

Dimmi come blogghi, e ti dirò chi sei: infatti, c’è blog e… vlog. O videoblog. O vidblog.
Quando alle parole non basta più una sola forma d’espressione, ecco che queste si uniscono al video per creare rubriche e storie, racconti, informazioni e – ovviamente – tutorial.
Un sistema di comunicazione, quello del Vlog, davvero popolare tra i giovanissimi, che il più delle volte coincide con il termine YouTuber e che rappresenta una corsa verso l’oro, in realtà, a basso costo, dal momento che per diventare vlogger bastano davvero pochi strumenti: uno smartphone, un account YouTube e buone idee (oltre a un programma di editing video per dare quel tocco giocoso e movimentato che caratterizza i contenuti di questa piattaforma).

Vlogger o YouTuber? Analisi di una definizione

Possiamo definire i Vlogger come una sorta di blogger che, anziché aggiornare – appunto – un blog, scelgono di condividere i loro contenuti sul canale YouTube. Già, perché YouTube è decisamente in grado di veicolare popolarità non solo fra gli utenti, ma anche tra le aziende, ghiotti e potenziali sponsor e ambassador: decisamente un valido motivo per cui preferire questo canale anziché altri.
Non solo: nella definizione del fenomeno vlogger possiamo poi utilizzare una discriminante “estera”: il termine YouTuber descrive per lo più i vlogger italiani, con un’utenza super-young e contenuti giocosi, non troppo raffinati, mentre il termine vlog ha un respiro più internazionale. E, per rendere ancora più nebulosa la situazione, alcuni famosi YouTubers – soprattutto all’estero –  gestiscono canali separati. Perché la domanda sorge spontanea: quanto guadagna un Vlogger, specie se possiede più properties? Ce lo svela il quotidiano “La Stampa” , secondo cui i vlog più remunerativi sono quelli canadesi e statunitensi, dove l’introito medio totale è tra i 5 e gli 8 milioni di dollari totali: una cifra da capogiro! Ma anche in Italia non si scherza.

I Vlogger più famosi al mondo

Si parla di – realmente – non solo di milioni di dollari, ma anche di milioni di followers: in Italia i vlogger più famosi sono gli ormai storici Favij, Clio MakeUp – approdata ufficialmente alla TV -, fino ai “newly born” Sofia Viscardi, Greta Menchi e IPantellas, idoli dei giovanissimi, con un introito medio tra i 25 e 150 mila euro mensili! Le tematiche? Fumetti, makeup, gaming e comicità. Ne abbiamo parlato anche in questo nostro articolo dedicato, più strettamente, agli YouTubers. Ma cosa succede sull’isola (più) felice dei paesi anglosassoni? Bene, le star dei canali YouTube sono certamente due: iniziamo da Roman AtwoodVlogs, con un vlog che parla, molto semplicemente, della sua vita, ma  in maniera epica. Roman ha iniziato il suo percorso producendo video comici, attirando così ben 10 milioni di utenti e raggiungendo l’ambito reward del 50° canale più sottoscritto su YouTube: Roman, infatti, può essere orgoglioso di essere il secondo YouTuber ad aver ricevuto ben due Diamond Play Button e ad aver vinto la categoria YouTube Comedian degli Shorty Awards nel 2016. Successivamente, troviamo Daniel Howell, iniziando come “Danisnotonfire”, vlog poi ribattezzato – semplicemente – Daniel Howell, oltre a un canale laterale, vero e proprio side project, chiamato “Danisnotinteresting”, dove il blogger carica video bonus che completano i contenuti del canale principale.

Un vero e proprio mondo da scoprire, quindi, quello dei vlog, fatto di contenuti giovani e giovanissimi, autentico del Belpaese, tra strategie video remunerative e con un’esperienza di oltre 10 anni per l’estero, per una popolarità che va ben oltre i famosi 15 minuti di Andy Wahrol.

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Filed Under: Internet & New Media, Social Media, Youtube

Living Coral: il nuovo Pantone 2019 è pronto a sorprenderci

30 Gennaio 2019

A volte passa un po’ in sordina, ma per i grafici e i designer si tratta di un appuntamento fisso quanto atteso: il nuovo colore Pantone è tra noi! Contraddistinto dal numero 16-1546, e ribattezzato “Living Coral”, è già stato protagonista indiscusso anche del Time, che gli ha dedicato questo video.

Living Coral: l’allegria salverà il mondo

Living Coral è una tonalità corallo brillante: anche se – a primo acchito – può sembrare un semplice rosa, ecco che il brand Pantone vira descrivendolo come “un arancio vivido e animato, con sfumature dorate.” Un’altra contrastante sorpresa, quindi, da parte del brand istituzione del colore, che sorprende di nuovo, con le sue cartelle, passando dal “fu” Ultra Violet – una tonalità viola intenso – a un tono delicato e dal sentore primaverile. Non sentite anche voi questo profumo di fiori?

Ne vogliamo sapere di più? Sì!

“Il nostro team mondiale di esperti di colore combina i trend e la ricerca sulle influenze di un dato colore“, ha dichiarato Laurie Pressman, presidente del Pantone Color Institute. “L’ispirazione proviene dall’industria dell’intrattenimento, dei film in produzione, dalle raccolte d’arte itineranti e dai nuovi artisti, passando  per la moda e le aree del design, le destinazioni di viaggio popolari, così come i nuovi stili di vita, i giochi e le condizioni socio-economiche, passando anche dalle nuove tecnologie, dai materiali, fino alle piattaforme di social media rilevanti e persino eventi sportivi imminenti che catturano l’attenzione mondiale”.

Ed ecco perché Pantone definisce Living Coral come “un colore dalla spensierata felicità”: il brand, infatti, nel comunicato stampa di lancio, sostiene che la nuance “simboleggi il nostro innato bisogno di ottimismo” – un po’ come a voler influenzare il mood della quotidianità mondiale che, effettivamente, ha molto bisogno di positività. Sì, perché “il colore migliora e influenza il modo in cui viviamo la vita“, come sostiene la Pressman. “[…]e lo fa attraverso  un duplice ruolo, energizzante e vivido. Pantone 16-1546 Living Coral rafforza il modo in cui i colori possono incarnare la nostra esperienza collettiva, riflettendo ciò che sta avvenendo nella nostra cultura globale“.

Living coral: chi ne ha già fatto un must?

Per festeggiare la nuova nuance, Pantone ha collaborato con Tribute Portfolio, un nuovo marchio di hotel indipendenti della catena Marriott, creando un’installazione – che negli USA definiscono come pop-up -: la “Pantone Pantry Tribute Portfolio” presso l’Art Basel Miami.
L’installazione, inaugurata lo scorso 6 dicembre, ripropone una “tradizionale esperienza alberghiera”, presentando superfici e proposte di marketing esperienziale tutte tonalizzate sul nuovo Living Coral, attraverso una copia del banco di accoglienza e di una camera d’albergo. Dopo la conclusione di Art Basel Miami, l’installazione viaggerà a Savannah, in Georgia, e a Rotterdam nei Paesi Bassi (e qui, in fatto di Hotel, sanno come sbizzarrirsi).

Pantone ha inoltre collaborato con Material ConneXion, consulente per l’innovazione dei materiali globali, nonché con Adobe Stock, per far arrivare il Living Coral sulle scrivanie e sui laptop di creativi e designer, curando un insieme di materiali coordinati destinato all’uso creativo per i clienti di Adobe Stock.
Un’altra occasione per dire bye-bye al grigiore aziendale, attraverso una tinta vivace e primaverile, positiva e piena di buone vibrazioni, in grado di influenzare il nostro modo di sentire. Come applicare, dunque, Living Coral alla tua immagine coordinata? Proviamoci insieme! Scrivici qui 🙂

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Filed Under: Creatività, Internet & New Media

Digital signage: ovvero, dialogare smart

24 Gennaio 2019

Avete presente Piccadilly Circus, o Times Square? Tra gli skyline, si distinguono nettamente – da anni – serie e serie di maxi-advertising su videowall. E oggi, nel 2019, potremmo dire che la storia non è cambiata, ma si è semplicemente evoluta. E si fa chiamare “Digital signage”: un nuovo linguaggio che abbraccia le città  – sempre più smart – e i suoi luoghi, nel pieno dell’era digitale.

Digital signage: di cosa stiamo parlando?

“Digital signage” significa dialogare e comunicare attraverso un display: una forma mentis, concreta (e figurativamente verbale) ormai tipica delle città in cui viviamo, sempre più “smart”.
Il digital signage si costituisce, infatti, di segnali video su schermi di diversi formati e dimensioni, che popolano stazioni, negozi, aeroporti, e moltissimi altri luoghi, anche i più impensabili, lanciando messaggi differenziati.
Filmati, effetti cromatici cangianti, grafica on screen e call to action al servizio del video led sono una vera e propria risorsa che consente di programmare accuratissimi planning, con veri e propri palinsesti basati su dati insight relativi a orari, necessità delle varie stagioni e dei messaggi commerciali (saldi, festività, fino al flusso dei visitatori, soprattutto per stazioni e aeroporti): esperienze customizzabili la cui richiesta, si stima, crescerà di oltre 9 punti percentuale nei prossimi tre anni. E non è difficile comprenderne il perché.

I dati:

Ce ne parla “Industria Italiana”, in un focus di qualche settimana fa, che riporta dati numerici davvero mirabolanti su quello che è il mercato del digital signage: “[…] basti pensare che le previsioni di vendita per il 2020 sono di 4,4 milioni di unità. […] Le aree geografiche che evidenziano la crescita più sostenuta sono l’America Latina e l’Asia Pacifico. Se gli schermi più venduti sono quelli con una risoluzione 1920×1080, la crescita maggiore anno su anno viene registrata dalle vendite di unità display con risoluzione 3840×2160, aumentate di 4 volte. In termini di dimensioni la crescita maggiore è stata invece evidenziata da display a 32 e 43 pollici.”

Il caso Samsung:

Samsung, in fatto di Digital Signage, è la prima corporate in classifica: la multinazionale coreana, infatti, ha uno sharing del 39%, seguita da Lg, Goodview e Nec, nettamente distaccati. E proprio Samsung è il brand che ha creato i supporti su cui scorrono i segnali di “The Wall”, nel nuovo aeroporto di  Instanbul: una delle più grandi strutture digital signage al mondo – inaugurata lo scorso dicembre – per una superficie di oltre 1000 metri tra schermi LCD e Led, ricca non solo in informazioni di viaggio, ma anche intrattenimento, informazione e advertising, 24 ore su 24, 7 giorni su 7, grazie a semplici funzioni di programmazione che fanno sembrare la cartellonistica un antesignano metodo di diffusione delle informazioni.

Il futuro è già qui!

Ma cosa rende il digital signage “smart signage”? Infatti, un altro passaggio sta per compiersi, in questa inarrestabile evoluzione della comunicazione contemporanea: la cartellonistica digitale è, a tutti gli effetti, device multitasking per comunicazioni di ogni sorta. Ed è proprio per la sua definizione, tra dimensioni differenti, messaggi, grafiche e video, che diviene smart: un sistema a servizio di ogni creatività e di ogni differente tipologia di idea, soprattutto in fatto di advertising, che mette a disposizione del mondo della comunicazione possibilità di adattarsi a qualsiasi necessità, spazio, formato, dove l’interazione e l’effetto “wow” sono sempre garantiti, in una perfetta unione di media, informatica, grafica, video e copywriting.

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Filed Under: Advertising, Internet & New Media

Gli eventi digital da non perdere nel 2019

5 Dicembre 2018

Agenda: un termine che deriva dal latino e indica le “cose da fare”. E, nell’ultimo mese del 2018, tutti ci prepariamo ad affrontare l’anno che verrà segnando buoni propositi e impegni nel nuovo taccuino – virtuale o cartaceo – che ci accompagnerà durante il 2019.
Non solo impegni e obiettivi: hai lasciato un po’ di spazio per la formazione? Se ti occupi di digital, sei un appassionato di tech o la tua professione si delinea tra task di social media e marketing, eccoti alcuni eventi imperdibili, ai quali non potrai mancare!

Pronto a prendere nota?

WMF – Web marketing  Festival

Si terrà nell’estate, il 20-21-22 giugno 2019, il festival omnicomprensivo del marketing internazionale, che durante gli scorsi anni ha registrato quasi 18.000 presenze. E, anche la prossima edizione, in quel di Rimini, rappresenterà l’occasione perfetta per parlare di digital e social. Il programma completo lo trovi a questo link: https://www.webmarketingfestival.it/

Mashable Social Media Day

L’edizione di quest’anno comprende anche i Digital Innovation Days of Italy, per un’edizione 2019 davvero completa per fare un punto significativo sul mondo digitale e social media, con tre giorni di formazione e interventi, oltre a case history di brand internazionali, tra cui Ogilvy e Armando Testa. La location? Milano. Quando? 17-18-19 ottobre 2019.
https://digitalinnovationdays.com/

Ecommerce HUB

Ti occupi di ecommerce e inbound marketing? Hai bisogno di formazione per quando riguarda i temi e i nuovi orizzonti dello shop online? L’evento Ecommerce HUB ti farà scoprire gli ultimi trend in tema, attraverso workshop e case history verticali, che analizzeranno tecnologie, comportamenti e tecniche per convertire. Ecommerce HUB si terrà a Salerno, il prossimo ottobre 2019.
www.ecommercehub.it

Search marketing connect

E ora, addentriamoci nel mondo SEO con tutti i suoi annessi e connessi: nel venturo mese di dicembre 2019, a Rimini si terrà il Search Marketing Connect: due giorni di formazione, altamente approfonditi, per veri addetti ai lavori, dove si parlerà di SEO, PCC e di tecniche Web Analytics per comprendere appieno dati e per articolare nuove strategie. Attenzione: parliamo di 2019, ma, in realtà, sei ancora in tempo a partecipare anche all’edizione 2018, che si terrà il 14 e 15 dicembre, sempre a Rimini. Per maggiori informazioni:
www.searchmarketingconnect.it

Advanced seo tools

Aprile, dolce dormire. In realtà, con questo evento dedicato alla SEO e ai migliori tool per lavorare con i sistemi di search engine optimiziation, tra interventi di speaker professionisti e già concretamente operativi nel mondo SEO, potrai avere una bella ricarica per comprendere a pieno i ferri del mestiere.
www.advancedseotool.it

Playcopy

Largo alla creatività: c’è spazio anche per i copy! Proprio a Modena, sempre nel mese di aprile 2019, si terrà PlayCopy, una giornata di workshop e interventi flash. Dai 30 ai 50 minuti, oltre a esercitazioni pratiche per approfondire le tecniche di scrittura persuasiva, creativa, per il web, il social e l’ADV. Non solo live, ma anche via web.
www.playcopy.com

E ora, segnate nella vostra agenda l’evento – o gli eventi – che più saranno utili alla vostra crescita professionale e creativa. Perché è dal confronto e dal networking che partono le idee e le spinte più energiche per affrontare, quotidianamente, il lavoro della comunicazione con competenza e fantasia.

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Google Analytics e il GDPR: quali novità?

22 Ottobre 2018

Google Analytics è un tool alleato delle strategie: un tema di cui non abbiamo mai parlato ma che, proprio per le sue funzionalità a livello di monitoraggio delle visite ai siti web, diventa un compagno a cui non si può (e non si deve) rinunciare. Che vi occupiate di programmazione, di SEO, di copy, o che siate i diretti possessori di un sito web, la visita quotidiana a questo tool Google è necessaria: proprio perché Analytics è da sempre caratterizzato da una costanza nel mantenimento dei suoi parametri e del suo schema, da cui reperire visite uniche, referral, tempi di permanenza e molto altro, fino alla customizzazione dei dati per report ultra-personalizzati. O meglio, così è stato fino ad aprile 2018 quando anche questo sistema ha iniziato a modificare alcuni aspetti, in vista delle famigerate leggi sul GDPR europeo, entrate in vigore lo scorso 25 maggio.

Cosa cambia? Vediamolo insieme!

Il cancellamento mensile dei dati per il GDPR

Non tutti lo sanno: da aprile 2018 è stata resa la cancellazione dei dati e dello storico più vecchi di un mese. Una funzione davvero comoda per venire incontro alle ottempranze del GDPR. Quali dati si potranno cancellare? Tutti quelli legati a un cookie o a un evento. Non saranno, invece, cancellabili, i dati cosiddetti “aggregati”, come possono essere, per esempio, il numero di sessioni, che non potrà essere segmentato o azzerato: infatti, le sorgenti di traffico, se viste per numero di sessioni, dovrebbero essere dati non modificabili, appartenendo a uno storico importante. Come si possono cancellare i dati? Basterà andare su impostazioni > modifica > informazione sul tracking > data retention. Qui, si aprirà una finestra da cui potrete selezionare, da un menù a tendina, una serie di archi temporali mensili. Il default del sistema è impostato su 26 mesi, ma lo potrete cambiare scegliendo tra una delle opzioni. Google, poi, dà un po’ di tempo per modificare la propria scelta, che può essere riformulata o annullata entro 24 ore: dopodiché GA prenderà atto ufficialmente della nuova scelta, memorizzandola.

Piccola nota per i meno esperti. Non stiamo parlando della funzione di default per la quale, se un utente esterno non torna sul sito per 24 mesi, Analytics lo considera nuovo utente – in caso decida di visitare nuovamente la property -: stiamo parlando di una funzione selettiva che ogni utente può scegliere di modificare!

Cos’ha fatto Google per il GDPR?

Google ha intrapreso la strada della semplicità: infatti, la sua Privacy Policy ora viene spiegata anche attraverso un breve video, molto chiaro ed esemplificativo.

Finora, però, abbiamo parlato di cancellazione dei dati: ma che succede se vogliamo esportarli? Google ha infatti aggiornato molte delle opzioni che riguardano l’esportazione dei dati: la compagnia di Mountain View sta infatti creando un sistema open source di data transfer, per scaricare e spostare i dati senza problemi. Questo progetto si chiama Data Transfer Project: un sistema open source, come è nello stile di Google, che rende facile per le persone trasferire i propri dati tra fornitori di servizi online in maniera semplice, grazie a una struttura comune, con modelli e protocolli di dati. Vuoi saperne di più? Visita questo link!

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Editing del testo: una questione di galateo comunicativo

14 Settembre 2018

Sei sicuro di essere solamente “leader del settore”? Davvero ti piace definirti “un’azienda giovane e dinamica”? Beh, siamo certi che non sia così: esistono, infatti, centinaia di parole pronte a descrivere al massimo chi sei e cosa fai. Parole che parlano di “te”, evitando il pericolo di farti divenire “uno tra i tanti”.
E il trucco c’è, ma non si vede: un attento lavoro di revisione testuale è quello che ci vuole. L’editing dei testi è un intervento sottile da parte di un occhio esterno che garantisce un lavoro di limatura (il famoso labor limae) per rendere i tuoi testi più adatti al target del messaggio, più personali e corretti. Un po’ come lucidare le vecchie posate, prima di esporle: si tratta di un tocco che, per molti, è solo un dettaglio ma che, per gli occhi più attenti – quelli dei nostri, e dei vostri clienti – è sinonimo di grande attenzione nei loro confronti. Una questione di galateo comunicativo, quindi: una ragione in più per sottoporre a un copy, i testi di un sito web, una brochure, un comunicato stampa, a un lavoro di revisione.

Le altre ragioni? Te le spieghiamo qui:

  • sai cosa vuoi esprimere, parli un italiano naturale. Ma questo non significa che il tuo testo non abbia bisogno di correttezza ultra formale, e di qualche escamotage in grado di raccontare qualcosa come lo faresti tu, ma meglio;
  • un testo ha bisogno essere “svecchiato” con frequenza: la lingua si evolve, cambia, i termini si modificano. E i tuoi testi hanno la necessità di parlare con attualità;
  • la nostra lingua è esposta ai meccanismi comunicativi che continuamente la plasmano. Spesso, però, il burocratichese, il medicalese, il politichese, il linguaggio dei social, sono barriere: la terminologia specialistica non possono inficiare un testo che, invece, deve essere pulito, neutro, esemplificativo. Un testo deve avvicinare, non allontanare;
  • non è vero che i lettori vadano tutti di fretta: il 45% di loro, infatti,legge attentamente ciò che gli viene proposto. Insomma, una bella immagine certamente spalanca le porte dell’attrazione, ma il testo è la chiave che fa ritornare le persone al nostro contenuto. Un potenziale da sfruttare, senza dubbio.

In cosa consiste un iter di correzione di bozze?

Tanti piccoli step compongono un cammino verso la meta della chiarezza espositiva, dell’eleganza, e della brevità. Ecco un piccolo insieme di procedure che ti aiuterà a capire come si svolge questo lavoro:

  • trovare gli errori ortografici, sintattici e lessicali;
  • correggere gli errori;
  • trovare sinonimi o termini semanticamente più attinenti al tema, dando una ricchezza lessicale incrementata e più in target con il messaggio che desideriamo dare;
  • modificare sintassi e punteggiatura, rendendo il testo più leggibile, elegante e articolato, ed evidenziando al tempo stesso i periodi più importanti, facilitandone la comprensione da parte del lettore;
  • tagliare gli eccessi, riassumere ciò che non è necessario: se parliamo al web, dobbiamo essere più stringati;
  • inserire le ancore visive: corsivi e grassetto in primis, per evidenziare le parole chiave o creare un “filo del discorso”;
  • sistemare i titoli, rendendoli accattivanti e ben confezionati.

Per concludere con le parole dell’unione internazionale dei correttori, ecco qual è il valore di un’attività come questa: “così come saper pitturare una parete non significa essere capaci di dipingere un quadro da esporre a una mostra, parlare una lingua in modo naturale non presuppone la conoscenza perfetta della sua ortografia e grammatica. Chi non percepisce un’imprecisione, non la può migliorare; e chi non sa rilevare un errore, non è in grado di correggerlo. Per questo è necessario affidarsi a un professionista.”
Una piccola provocazione per comprendere il grande potenziale che i tuoi testi hanno. Non credi?

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