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Agenzia di comunicazione

social media marketing

Un orizzonte umano: Lush, Facebook, Snapchat parlano alle persone

16 Aprile 2019

Le nostre antenne sono sempre ben sintonizzate sul mondo dei social media: infatti, questi potentissimi canali sono in grado di darci il polso della situazione non solo del mondo marketing e digital, ma anche di come le persone – che sono il nostro target privilegiato per comunicare – recepiscano e vivano questi spazi.
E proprio le “persone” sono al centro delle ultime novità del mondo social media: tra un brand che lascia il tavolo di gioco a carte scoperte, Facebook che implementa una funzione strettamente “umana”, e Snapchat che si avvicina ulteriormente alla sua fetta di pubblico. Il tutto, in tre news dal mondo digital che in questo freddo aprile hanno saputo scaldare il cuore di tanti marketers. Tra un bug e l’altro.

Lush (UK) lascia i social

Mail, telefono, chat sul sito web e, ovviamente, punti vendita e flag stores: questi sono gli unici mezzi attraverso cui clienti e (ormai ex) follower potranno raggiungere Lush nel Regno Unito. Il famoso brand beauty 100% vegano ha infatti annunciato – con un tweet – l’uscita di scena dai social UK. Una decisione che sembra voler far riflettere su due punti: algoritmi invadenti, e necessità di stringere un contatto diretto, un approccio “human to human”, ma anche una riflessione sul non voler più pagare per la visibilità confluita dalle campagne ADS.
Un ritorno alle origini? Beh, di certo si tratta di una mossa che non riguarda la totalità dei paesi in cui il brand è presente, e che si restringe solo a un player della strategia social del brand. In Italia, infatti, i canali Lush sono ancora attivi!

Facebook lancia la funzione per commemorare i defunti

Se per qualche brand l’orizzonte social si è fatto scuro, ecco che per uno strano gioco di tempistiche, proprio mente Lush saluta i media per dedicarsi al contatto umano, Facebook lancia un’estensione che consentirà alle persone di unirsi e celebrare il ricordo di qualcuno amato, con la funzione di commemorazione dei defunti: si tratta di una modalità attraverso cui creare una community che dia spazio a ricordi, aneddoti e messaggi per ricordare chi è venuto a mancare, dalla funzionalità semplice e immediata. Infatti, un amico, un parente, o un erede della persona scomparsa potrà divenire amministratore del profilo, trasformandolo così in pagina di commemorazione: un admin, a tutti gli effetti, che potrà anche fare affidamento su standard di controllo – da parte della piattaforma – molto alti, per far sì che il ricordo rimanga puro e non venga strumentalizzato in alcun modo.

Snapchat si potenzia, per il piacere del suo pubblico

Notizia di soli 4 giorni fa: Snapchat sviluppa nuovi filtri e una sezione “show” che sembra voler percorrere un binario parallelo a quello di Facebook Watch.
Snapchat è un sistema di chat nato solo nel 2011 a opera di due studenti di Stanford, ed è certamente uno degli strumenti più utilizzati nella quotidianità tra i teenagers.
Non solo: Snapchat sta divenendo, in sordina, un social a tutti gli effetti. Infatti, nel 2013, Snapchat suscitò l’interesse di Zuckenberg che offrì ben 3 miliardi di dollari per l’acquisto della piattaforma. Oggi, a quasi 5 anni dal rifiuto di quell’offerta così cospicua, ecco che Snapchat si concentra sul lancio di serie – veri e propri show pomeridiani, tra cui uno realizzato da BuzzFeed – e di una piattaforma gaming con cui giocare in tempo reale con i propri amici durante una semplice chat, fino alla piattaforma per sviluppatori. Ma questa, forse, è una storia che merita un approfondimento a parte!

E così, tra down sempre più frequenti dei colossi, come quelli di Instagram, Facebook, Whatsapp – un malfunzionamento di concerto che risale al 15 aprile e che segue di appena 30 giorni il down più lungo della storia, durato ben 14 ore – all’orizzonte non ci sono solo abbandoni, neanche troppo a malincuore, come quello di Lush, ma anche alternative e strumenti che ci permettono di allargare la nostra visione social, ampliandola e rendendola differente, come con Snapchat, per una strategia che tenga conto non solo della vera socialità, quella che si basa su rapporti tra esseri umani, ma anche di scorciatoie e di nuove risorse che – chissà – un giorno potranno costituire una risorsa con cui andare controcorrente.

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Lo storytelling sociale e l’esempio di GLAAD

19 Marzo 2019

Lo storytelling ha un impatto altissimo non solo nella comunicazione più diffusa, comune e quotidiana, tra landing page, siti web e advertising su carta stampata: da diverso tempo, infatti, questa ormai disciplina per eccellenza del mondo comunicativo sta raggiungendo risultati insperati anche tra le istituzioni e nel sociale. Sì, proprio quel “sociale” che finisce con “e”. Perché lo storytelling non nasce con il web, ma è un patrimonio che l’uomo porta con sé dall’alba dei tempi. E oggi, nel nostro blog, vorremmo raccontarvi la storia dello storytelling sociale e di GLAAD. Partiamo!

Un momento: ma cosa fa lo storytelling sociale?

Di storytelling sociale ne parla ampiamente la Rockfeller Foundation, – fondazione americana filantropica che si occupa del raggiungimento dei diritti umani fondamentali – in particolare attraverso la figura del digital director Jay Geneske: dal favorire la connessione emotiva tra chi parla e chi ascolta, usando un linguaggio proprio ma riconoscibile, “sdoganando” anche terminologie ancora poco note, o neologismi, per riflettere su temi caldi, poco dibattuti o ostici.
Solo così, infatti, possono così superare processi complessi di comprensione e di accettazione.

Il caso GLAAD

Ai più, questo nome non dirà nulla. Ma GLAAD è l’acronimo di Gay & Lesbian Alliance Against Defamation (ovvero: “Alleanza gay e lesbica contro la diffamazione”), ed è un’associazione che dal lontano 1990 monitora cinema, televisione, advertising e tutto ciò che ha a che vedere con i media non solo americani, ma internazionali, combattendo ogni tipo di rappresentazione distorta delle persone GLBT. E, da una decina di anni a questa parte, GLAAD è un movimento estremamente attivo anche nel web, non solo attraverso questo continuo monitoraggio del sentiment e delle issue relative al tema dei diritti gay, ma fornendo anche una chiave di lettura fatta di storie quotidiane che raccontano attività, battaglie  e principi saldi su cui si muovono. Perché “GLAAD” – come si legge sul loro sito web – “riscrive lo script per l’accettazione LGBT e, come dinamica forza mediatica, GLAAD affronta questioni difficili per modellare la narrativa e provocare un dialogo che porta al cambiamento culturale.” Insomma, dialogo, script, forza mediatica. Storie vere, raccontate dalla prima persona, collaborazione e creazione condivisa con utenti e pubblico, raccontando storie a “un passo da noi” di grande normalità, eppure spesso incomprese.

Questo è il messaggio-storytelling di GLAAD, diffuso attraverso diverse properties, come un sito web che offre contenuti, opportunità di connessione e opportunità di attivazione, come riporta proprio l’articolo su digital e social storytelling della Rockfeller Institution, e una moltitudine di strumenti, tra cui il blog, aggiornato quotidianamente, per trasmettere messaggi chiari, identificabili, comprensibili che, in questo caso, non hanno un pubblico definito, ma che cercano di arrivare alla collettività nella sua interezza, per individuare, poi, obiettivi sotto-specifici.
Il tutto servendosi non solo degli strumenti web – la loro pagina Facebook è un continuo aggiornamento e raggiungimento di risultati importanti a livello comunicativo e, quindi, umano – ma anche di eventi, come i Glaad Media Awards, che si terranno proprio il 28 marzo prossimo.

Il linguaggio di GLAAD che ci racconta una storia

Glaad, da ormai oltre 30 anni, porta avanti l’importante azione di “shaping the media“, sensibilizzando il mondo “against defamation”, e lo fa raccontandosi, soprattutto attraverso un vocabolario specifico fatto di Media Institute, Engagement, Entertainment Media e, per l’appunto, Stories: le storie di chi vive la propria omosessualità in zone difficili, come nel sud degli USA, e le storie di ciascuno, condivisibili attraverso la piattaforma “Share your story”.

Immedesimarsi, raccontare, analizzare: grazie allo storytelling è davvero facile. E così, può diventare ancora più semplice abbattere i muri di pregiudizi e le barriere dell’intelligibilità semplicemente raccontando una storia semplice, dando voce e immagine a una parte di società non sempre così visibile.

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Video sul Web – Facebook vs Youtube

3 Febbraio 2015

Non vi è dubbio alcuno che i video sul web siano una risorsa molto importante per il web-marketing: i video coinvolgono. A questo punto resta da capire qual è il posto migliore per caricare i propri video. Cosa funziona meglio, Facebook e Youtube? E Vimeo dove si colloca in tutto questo? Parliamone un attimo.

Secondo un recente studio di SocialBakers Facebook, nella guerra tra player video, è quello che esce vittorioso. Il sorpasso di Facebook su Youtube c’è stato già a Novembre, ma è stato il mese di Dicembre ad aver davvero visto il trionfo di Facebook

In questo grafico ci sono alcune cose da considerare. La domanda da farsi è la seguente: perché i brand preferiscono caricare video su Facebook invece su Youtube? Come sappiamo Facebook ha un problema con la reach dei post delle pagine, i video però sono i contenuti che, secondo la nostra esperienza (e non solo), maggiormente raggiungono l’utente. Non stupisce quindi che le pagine, per raggiungere gli utenti con il loro messaggio, si affidino ai video. Che per altro funzionano molto bene con le inserzioni a pagamento.

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Perché è bene monitorare la propria presenza sul Web?

25 Agosto 2014

Ci sono molte persone che diffidano del web. Alcune delle persone che diffidano del web però sono anche persone che hanno un’attività commerciale. In realtà il web è un’ottima risorsa per chi ha un business. Con una buona strategia di Web Marketing infatti si può portare un business a crescere in maniera esponenziale. Non è un caso che gli e-commerce funzionino molto bene in questo momento nonostante la crisi. Spesso però questo argomento non convince abbastanza. Al momento in Italia l’analfabetismo digitale esiste ed è molto diffuso. Le nuove tecnologie vengono guardare con timore. Parlare di internet e del web come nuove tecnologie è un po’ strano, vero? Ma per alcuni si tratta effettivamente di qualcosa di nuovo. Proviamo quindi a cambiare prospettiva e a spiegare perché chi ha un business DEVE essere presente sul web.

Il tuo business è già sul web

I tuoi clienti sono online. La tua attività è già sul web. Che tu voglia che il tuo business sia online o che non non lo voglia è irrilevante. La differenza tra l’essere sul web attivamente e l’esserci perché ci sono i tuoi clienti è immensa. Nel primo caso potrai gestire in prima persona il tuo business, creare una strategia di web marketing che ti aiuti a migliorare e aumentare clienti, potrai anche tenere sotto controllo la tua reputazione. Nel secondo caso invece…

Essere presente

Qualche settimana fa abbiamo condiviso sui nostri social un articolo molto particolare. Un ristoratore americano ha fatto causa a Google, perché un suo concorrente ha modificato su Google Places i giorni di chiusura del ristorante. Google, quindi, dava il ristorante chiuso durante il weekend. Si tratta di una situazione al limite, ma se il ristoratore avesse monitorato la sua presenza sul web, questo non sarebbe successo.
Uno degli aspetti più importanti dell’essere presenti e attivi sul web è proprio la possibilità di poter monitorare il proprio business. Non è solo una questione di concorrenti malevoli, ma anche di clienti. Le recensione dei clienti hanno un peso, specialmente nel settore della ristorazione e dell’intrattenimento. Se non si è presenti sul web, come possiamo sapere cosa scrivono di noi i nostri clienti ed eventualmente intervenire?

Le paure sono infondate

Recensioni negative? Sì, esistono, ma non bisogna temerle. Una recensione negativa con una buona risposta e l’impegno di risolvere il problema funziona meglio di una semplice critica positiva. Ebbene sì.
E le recensioni false? Sì, esistono anche queste, ma la prospettiva è la stessa. Le recensioni evidentemente false si notano subito. Per il resto si può pensare ad usare la stessa strategia che si usa per le recensioni negative: rispondere.

Però…

Per fare del Marketing sul web che funzioni ci vogliono dei professionisti. Non è un lavoro per improvvisati. Anche rispondere a commenti e a recensioni, che siano positivi e negativi, richiedere una certa esperienza. Per esempio chi scrive in questo momento ha frequentato un corso specifico sulla gestione crisi sui social ed ha un’esperienza di ormai dieci anni come moderatore web (adesso ci chiamano Community Manager, ma in fondo siamo sempre moderatori).
Inoltre è bene ricordare che saper rispondere alle recensioni negative potrebbe non essere abbastanza. Se c’è un problema di fondo che non viene risolto le critiche continueranno ad arrivare e non ci sarà nessun professionista che potrà aiutarvi.

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8 immagini perfette per i Social

7 Maggio 2014

Sappiamo con assoluta certezza che i Social Media sono sempre più visual. Le immagini sono essenziali in una strategia di Social Media Marketing ben fatta. Che vogliate concentrare i vostri sforzi social su Twitter o Facebook, su Google+ o Tumblr, poco importa: immagini e fotografie sono importanti, perché catturano l’attenzione dei vostri utenti, perché aumentano le condivisioni, perché non è un caso che i social più in voga al momento siano Pinterest e Instagram.
Non tutte le immagini sono uguali e non tutte possono aver successo, la ricerca di SocialBakers.com sul rapporto tra pagine Facebook e immagini ci aveva fatto notare che le immagini di alta qualità avevano più condivisioni. Non è solo una questione di qualità però, ci sono caratteristiche che rendono un’immagine adatta ai social meglio di un’altra. Per questo ho deciso di fare una lista delle migliori immagini da condividere sui social per le aziende.

1. Dai un volto all’azienda: la fotografia del tuo team.

Una delle caratteristiche più importanti per un’azienda sui social è “essere umana”. Una foto dei dipendenti, del team a lavoro, è un ottimo modo per dare un volto all’azienda e al tempo stesso puoi dimostrare l’importanza del lavoro dei collaboratori.
Come fotografare il team? Vediamo…

  • Una foto spontanea funziona sempre. Condividete foto del team a lavoro.
  • Si può usare una foto per accompagnare la presentazione dei dipendenti. È perfetto per far capire chi siete e cosa fate.
  • Compleanni e occasioni speciali sono sempre un’ottima scusa per fare foto, anche se siete un’azienda.

2. Il riflettore sui tuoi fan

Invoglia i tuoi fan a condividere foto e video con te e falli diventare i protagonisti dei tuoi canali Social. Perché? Perché li state facendo sentire importanti e questo è un ottimo modo per fidelizzare i clienti.

3. È tempo di selfie

Il Tweet più condiviso di sempre è quello di Ellen. Il suo selfie “da oscar” ha strappato il primato al Tweet sulla rielezione di Obama. Nella Top-List delle canzoni in Italia su Spotify c’è “#selfie”, il cui video accumula sempre più visualizzazioni (al momento sono 95.311.484) e like su Youtube.
Non c’è dubbio: il 2014 è selfie.
Il Selfie è un trend, quindi è da sfruttare adesso. Tra qualche mese potrebbe non funzionare più. Molti brand in passato hanno sfruttato tendenze del web per aumentare la loro visibilità (es: gangnam style, il planking, l’harlem shake).
Edit del 7/10/2014 – Negli Stati Uniti è nato il movimento “Unselfie“. Che sia l’inizio della fine per questro trend?

4. Il dietro le quinte

Il dietro le quinte di un progetto, di un evento, della creazione di un prodotto è un ottimo modo per offrire ai propri utenti un punto di vista diverso dal solito, per farli sentire parte integrante del brand, per fornire loro anteprime e scatenare la loro curiosità.
Non abbiate paura di mostrare il backstage!

5. Le infografiche

Le infografiche, immagini che proiettono in forma visuale informazioni e dati, non passano mai di moda. Sono facilmente condivisibili e fantastiche per il brand awareness.

6. Immagini grafiche

Sullo stesso piano delle infografiche possiamo trovare le “immagine grafiche”, ovvero quelle che vengono create a tavolino per poter trasportare un concetto o una frase in maniera più visual possibile. E’ l’ideale per esportare concetti importanti come eventi, fiere o promozioni speciali.

7. Le foto dei tuoi prodotti

Un’immagine vale più di mille parole? Nel caso dei Social media sì. Le parole sono ovviamente importanti per andare nei dettagli, per la SEO, ma per creare interesse nei tuoi utenti ci vogliono le immagini: sono immediate e di sicuro effetto (a patto che siano di buona qualità: un’immagine mal fatta può risultare sciatta).

8. I video e i mini video

Alla fine cos’è un video se non un’immagine in movimento?
I video hanno molte caratteristiche positive, potrei dirvi, per esempio, quanto sono importanti i video per ottimizzazione e posizionamento, ma sarei fuori tema. Si capisce in fretta l’importanza del video se guardiamo i dati di Youtube, di Vine, di Vimeo (e DailyMotion) e di Instagram. Il video è un mezzo creativo e si può utilizzare per diversi scopi: presentare un’azienda, condividere informazioni, introduzione a nuovi prodotti… non ci sono limiti!

E ora a voi i commenti… quali sono le immagini che rendono meglio sui social media secondo voi?

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Hashtag – Come usarli al meglio

29 Aprile 2014

Utilizziamo gli hashtag su Twitter, su Instagram, su Google+ e anche su Facebook. Gli hashtag sono parte integrante della nostra esperienza social. Grazie agli hashtag possiamo trovare argomenti di conversazione, nuove persone da seguire, interessi condivisi. Per sfruttare gli hashtag al meglio, bisogna saperli usare, quindi permettetemi di darvi qualche consiglio in proposito. Soprattutto cercherò di farvi capire cosa NON fare.

1. Il troppo stroppia

Est modus in rebus, diceva Orazio Flacco. In pratica c’è bisogno di moderazione. Infarcire i vostri tweet con gli hashtag non solo funziona poco, ma è anche poco utile.

2. Gli hashtag generici non funzionano

C’era un tempo su Twitter in cui potevi usare l’hashtag #SEO e trovare contenuti interessanti. Adesso è molto più difficile. #SEO infatti è diventato troppo generico e viene usato soprattutto dagli spammers (anche se, cercando a fondo, si trovano ancora contenuti, post e punti di vista utili). L’hashtag generico serve a poco o a nulla. Ci si perde in mezzo.

3. Hashtag che non c’entrano nulla?

Questa è una pratica che abbiamo visto spesso su Instagram, abbiamo visto persone che per aumentare la loro visibilità sul web utilizzano hashtag che non c’entrano nulla con la foto postata.
Neanche a dirlo, questa strategia è sbagliata. Per dire la verità è possibile che con questa tattica la visibilità sul momento si alzi, ma alla fine una persona cerca ciò che vuole trovare e i risultati non inerenti alla ricerca non interessano.

4. Gli hashtag su Facebook?

Funzionano? Pare di no. A volte sembrano stonare. Siete indecisi se usare gli hashtag su Facebook? Allora rinunciate senza troppi patimenti. Anche perché una ricerca dice che possono fare più male che bene.

5. È nato tutto con Twitter

E questo significa che gli hashtag non sono stati pensati per essere lunghi. Il motivo principale è che su Twitter ci sono 140 caratteri. Inoltre gli hashtag lunghi sono difficili da leggere. Create hashtag corti e facili da ricordare.

6. Crea un hashtag

Per aumentare la visibilità di un brand o di un’azienda, è utile pensare a creare un hashtag ad hoc. In questo modo si possono monitorare le conversazioni in modo più semplice. Utile è anche avere un hashtag apposito per eventi particolari, in modo che sia facile seguire la situazione anche per chi non è fisicamente presente. È un’ottima idea creare un hashtag che serve ad attivare promozioni e sconti: in questo modo il passaparola social sarà garantito.

7. Gli hashtag nella vita reale?

Sono irritanti esattamente come può sembrare.
Jimmy Fallon e Justin Timberlake hanno fatto uno sketch sull’argomento.

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